venerdì 10 gennaio 2014

LA GRANDE CORSA BIANCA


Come meglio iniziare il 2014 se non con un'entusiasmante avventura sulla neve...!!!
La prossima settimana, dal 16 al 18 Gennaio, parteciperemo alla prima edizione della Grande Corsa Bianca, una gara avventura organizzata da Marco Berni..175 km tra Adamello e Stelvio, un sfida di 54 ore attraverso le Alpi!

Nasce dalla voglia di Marco di riproporre in ambiente alpino un trail invernale in autosufficienza simile alle grandi traversate che già da diversi anni si svolgono nel Grande Nord americano e europeo. Il trail compie un grande giro ad anello, da affrontare in senso antiorario, tra Alta Valle Camonica, Valtellina e Val di Sole, con partenza e arrivo a Vezza d’Oglio. La traversata può essere effettuata con gli sci, a piedi o con una FatBIke...
Noi la faremo con gli sci...il mezzo che riteniamo piu' adatto a Noi su fondo "bianco"...
Con Noi avremo lo spot così potrete seguirci durante l'avventura...cercheremo di aggiornare il piu' possibile la pagina!

venerdì 20 dicembre 2013

Penelope non ci fermerà! Girumin racconta un giorno sulla Via Francigena...

Venerdì 4 Ottobre

Penelope non ci fermerà!

Sarà questo il motto della giornata.
L’altra settimana, mentre ero in giro a collaudare il Vtte, Elena mi aveva detto che lei e Marco sarebbero partiti per la Via Francigena il 4 Ottobre. Proponeva di percorrere un tratto di strada insieme.

Lei e Marco in sella sono forti, anzi fortissimi, e l’idea di percorrere assieme un tratto di strada mi è piaciuta subito. Ogni tanto ci s’incontra fra festival, fiere e presentazioni di viaggi, ma non ci è ancora capitato di pedalare assieme.

Ci accordiamo per incontrarci il 5 Ottobre fra Pavia e Piacenza, da qualche parte lungo la Via Francigena.

Chiedo a Elena di scegliere se preferisce che io pedali con la Goat o con il Vtte: preferisce la Goat.

Elena e Marco hanno qualche esperienza più di me in merito alla bicicletta. Marco ha percorso l’Iditaroad Trail in Alaska e il Tour Divide in solitaria. Ha poi ripercorso il “Tour Divide” assieme ad Elena. Forse non tutti lo sanno, ma non sono competizioni di quelle facili facili…
Il fatto stesso di arrivare fino in fondo è un successo, un grande successo!!!

Consiglio di fare un giretto sul web per vedere di cosa si tratta…

Sono più conosciuti come wildtrack.it, se cercate il loro sito ricordatevi che wildtrack si scrive con la “A”, non con la “E”.

Per la Goat sarà un onore pedalare insieme a loro. Prima però di accettare l’invito faccio presente che la Goat non raggiungerà le loro prestazioni.
Elena dice al telefono che loro vanno piano e sono fuori allenamento. Certo… Certo…
Anche se io mi mettessi in sella tutti i giorni per un anno intero con il carrello carico di sampietrini non potrei mai arrivare alla loro prestazioni… E poi la Goat ha i suoi limiti, tanti limiti, mentre loro viaggeranno con biciclette studiate per muoversi anche sugli anelli di Saturno.

La Goat è tornata dal viaggio verso il Festival della Viandanza leggermente malandata, non ci sono grossi problemi, ma il telaio si sta spezzando sul portapacchi e io non ho ancora provveduto a sostituirlo, non si può riparare, va proprio sostituito.
Sto pensando a come cambiarlo, a come realizzare un pezzo di telaio più adatto per agganciare il carrello.

Per fortuna la Graziella è uno dei primi modelli, con il carro posteriore imbullonato, così non devo preoccuparmi di saldare il telaio nei punti di aggancio del carro posteriore e non devo tagliare nulla per togliere il carro posteriore, basta svitare i quattro dadi che lo tengono fissato al telaio.

Forse però posso aggiungere un paio di profilati di acciaio e sistemarlo provvisoriamente, per farlo resistere qualche altro centinaio di chilometri. Forse posso semplicemente rinforzare il portapacchi ed evitare altri problemi, provo a pensarci.

Ci sarebbe anche la forcella davanti mezza sfilettata, ma lì è sufficiente che ogni dieci chilometri, più o meno, mi fermi e faccia fare alla ghiera un mezzo giro, sono andato avanti così per qualche centinaio di chilometri e posso farlo ancora.

Ora però devo partire con la Goat così com’è. Non è un problema, non devo portare un carico pesante. Non devo percorrere molto sterrato, non credo che il telaio decida di spezzarsi proprio domani, o almeno lo spero.

Una buona bici non chiede di essere ricontrollata prima di un giretto di qualche decina di chilometri, ma la Goat è un po’ particolare e prima di partire conviene che verifichi se ci sono tutti i pezzi e se fanno tutti il loro dovere.

… e poi non ho ancora sistemato tutto dopo il rientro dal collaudo del Vtte, gli attrezzi e qualche pezzo sono da riordinare. Per esempio: la sella del Vtte l’avevo tolta dalla Goat e ora la devo rimettere posto.

Telefono a Elena: «Siamo a Tromello».
Vuol dire che arriveranno al ponte sul Lambro nel primo pomeriggio, questo mi da il tempo per preparare le cose con più calma e portare la macchina un po’ più verso Piacenza per poi risalire il Po verso Lambrinia.

Le previsioni del tempo dicono che sta per arrivare l’ “Uragano Penelope”, cioè il “Ciclone Penelope”.
A me sta cosa di dare i nomi alle perturbazioni non fa tanto piacere. Un temporale è un temporale, ma quando è anonimo fa paura come tutti gli altri temporali, quando invece ha un nome fa più paura. Fa più paura perché ha un’identità, un’anima, una forza… E quindi fa più paura!

Pedalare sotto la pioggia non è molto piacevole, ma non sempre si può evitare…
Penelope sembra voglia arrivare proprio sabato, vorrà dire che faremo una bella doccia. Spero solo che non ci sia vento, a me il vento piace, ma non alla Goat.

Carico in macchina la bici, il carrello, una ruota di scorta, un copertone, camere d’aria e attrezzi in quantità, non ho tempo di selezionare solo quelli che servono, meglio abbondare.

Carico anche un ombrellino da viaggio, 220 centimetri di diametro, e un treppiede per tenerlo in piedi. Serviranno per proteggere la fotocamera sul cavalletto. Se però c’è vento… dubito che riuscirò a tenere aperto l’ombrellino…


Sabato 5 Ottobre

Dell’uragano, o ciclone, Penelope non c’è nessuna traccia.
Il cielo è grigio, quel classico grigio padano che accompagna la pianura da Ottobre a Marzo, più o meno.
Non piove, cade solo qualche goccia, quella che un tempo la maestra avrebbe definito “acquerugiola”, un termine che si trova solo su dizionari, quelli molto vecchi.

Cerco una strada per avvicinarmi all’argine maestro, vorrei parcheggiare in un punto vicino a dove arriverò stasera pedalando.
Arrivo, parcheggio, scarico tutta la ferraglia. Ci vuole un po’ di tempo per mettere insieme tutto quanto.

Passa qualche ciclista, due o tre ardimentosi che non rinunciano al giretto del sabato mattina anche in questa giornata uggiosa. Danno un’occhiata veloce e passano via.

Sull’argine passa un ciclista che mi guarda e mi raggiunge.
«Posso chiederle un favore? Mi scatterebbe una foto?».
«Qui?»
««Sì qui va bene»
«No, qui fa schifo, nel parcheggio, no dai… Se aspetti due minuti finisco di sistemare la bici e andiamo sull’argine, almeno hai il fiume sullo sfondo, puoi aspettare?»
«Sì posso».

Saliamo quindi sull’argine: «Mettiti con la strada davanti per dare il senso della direzione, per dare il senso della strada nella foto.».

Scatto qualche foto e facciamo due chiacchiere.
Dall’accento si capisce che Rocco è della zona fra Codogno e il Po, quella zona in cui l’accento non è più lodigiano, ma non è ancora piacentino.
La “R” tipica della zona accenna richiama leggermente quella emiliana.
È ben equipaggiato, ma si sta raffreddando e non stiamo troppo a chiacchierare.

Cade qualche goccia, il cappuccio della giacca a vento contiene bene anche il caschetto e posso evitare di indossare altro nylon o plastiche varie.
Fra asfalto e sterrato, fra una pozzanghera e l’altra passo davanti a Guzzafame e a Corte Sant’Andrea. Pedalo con la velocità di crociera tipica della Goat, dal numero di pedalate si ha la sensazione di andare forte, dai chilometri percorsi no!

Ombrello e cavalletto sporgono dal carrello e l’ombrello s’infanga tutto, poco male perché non credo che andrò mai a fare lo struscio sul corso con questo ombrello.

Penso che forse almeno un panino me lo potevo portare, ma oramai è così, ne farò a meno, forse dovrei imparare a pensare di più al cibo in viaggio, lungo o corto che sia.

Sono in anticipo e sto per arrivare sul luogo dell’incontro. Posso permettermi di fare qualche filmato, uno dei soliti filmati in cui si vede che parto e poi torno indietro correndo affannosamente a riprendere la fotocamera al più presto per evitare di consumare spazio di memoria sulla scheda. Il risultato è una cosa ridicola.

Piazzo la fotocamera, per fortuna ora non piove, così posso evitare di piazzare anche il cavalletto con l’ombrello.

Premo il pulsante e salto in sella velocemente, parto.
Sento che qualcosa sfrega contro la ruota, probabilmente si è bloccato un freno, do un’occhiata veloce e fermo il filmato.
Guardo meglio. I pattini dei freni davanti non toccano, la ruota gira bene. I pattini dei freni dietro non toccano, la ruota gira bene. I pattini delle ruote del carrello non toccano, le ruote girano bene.
Guardo se il bagaglio sfrega contro le ruote, se qualcosa da fastidio alle ruote, se nel fango ci sono sassolini che si incastrano contro le ruote.
Tutto è in ordine.

Riparto.
Sfrega ancora, sento il rumore e sento che le ruote sono frenate.
Non capisco, ricomincio da capo tutti i controlli: funziona tutto a dovere.

Risalgo e riparto, sono in anticipo, ma non posso perdere tempo, sistemerò il problema più avanti.
Faccio però una fatica bestiale, proseguo per un po’, ma ogni chilometro mi devo fermare a prendere fiato.
Ricontrollo ancora tutto da capo, forse è sfuggito qualcosa, provo ad allentare i freni.

Riparto. Non è cambiato nulla.
Spingo la bici, è tutto in ordine, nessun rumore, nessuno sfregamento.
La bici senza me in sella va bene, se salgo in salgo in sella si frena.

Forse è davvero il blocco interno del freno a pedale… La cosa mi preoccupa, se fosse così, se fosse quello il problema?

Per oggi rischio di non poter pedalare con Elena e Marco e poi mi devo fare almeno una dozzina di chilometri a piedi per tornare alla macchina. Male che vada torno a casa col buio, poco male.

Ma se non posso contare sul freno a pedale perché mi fa questi scherzi cambia tutta l’affidabilità della Goat. È vero che ci sono sette freni, ma è anche vero che quello sul quale posso contare di più è il freno a pedale. Se però è poco affidabile e s’incastra io rischio di bloccarmi nel bel mezzo di un viaggio.
Può essere un problema, un grosso problema, un brutto problema.

Eppure qualcosa non mi convince, torno a pedalare per non arrivare in ritardo.

Arrivo al punto stabilito.
Mi viene da pensare che forse il problema è nei pedali, nel movimento centrale dei pedali.
So però che non è possibile: quando spingo la bici camminando il problema non si manifesta.

In questo punto della strada c’è una leggera discesa, salto in sella e scendo senza pedalare.
Il problema persiste. Confermo: i pedali non c’entrano nulla.

C’è qualcosa che cambia quando aumenta il peso sulla bici. Provo a spingerla sdraiandomi sulla sella per capire qualcosa di più. Non sono proprio sdraiato, sono piegato, attorcigliato, sì, insomma avete capito.
Niente, continuo a non capire, controllo ancora le ruote per vedere se ci sono segni di abrasione, ma son passato dentro un sacco di pozzanghere, le ruote sono bagnate e non si vedono segni strani.

Forse ho capito, forse ci siamo, forse è il telaio che si piega. A dir la verità lo pensavo fin da prima, ma non volevo dare spazio a questa ipotesi.

Forse il peso fa modificare il telaio oramai malconcio e fa puntare le ganasce del freno posteriore contro il telaio. (Non so bene se si dice ganascia al singolare o ganasce al plurale, a me sembra più giusto dire ganasce.).
Fin da eri mi ero accorto che i pattini erano in una posizione strana, lontani dai cerchioni, in condizioni tali da non poter fare il loro lavoro.
Ero rimasto perplesso, non mi sembrava fossero mai stati così mal messi, ma avendo messo un cerchio a doppia camera con il mozzo del freno a contro pedale sapevo che pattini e freni potevano essere meno compatibili non il cerchione.
Non è vero, perché sono compatibilissimi, ma al momento non avevo tempo per pensarci.
Sapevo che gli altri freni in pianura erano più che sufficienti: chi si accontenta gode.

Tolgo le ganasce dei freni, riprovo.

Problema risolto, erano le ganasce contro la gomma.

Ora posso star tranquillo. Tutto è bene quel che finisce bene, posso adempiere alla mia missione di pedalare con i due megaciclisti.

Do un’occhiata in giro, sono nell’ultimo tratto del Lambro, fra il ponte della strada e il ponte della ferrovia. Al parapetto della strada c’è una camera d’aria appesa.
Non è la prima volta che trovo una camera d’aria bucata in giro per strada.
Lascia un po’ perplessi vedere che c’è chi va a farsi un giro in bici in mezzo alla natura e quando buca lascia in giro una camera d’aria.
Perché? Ti muovi in campagna per stare in mezzo al verde, per stare nella natura fra i fiori e le piante, il muschio e i licheni, gli uccellini e le farfalle, i coniglietti e le ranocchi, i grilli e la formica rufa… e poi lasci in giro i tuoi rifiuti? Ci sarà sempre qualcuno che pulirà per te? Son sempre gli altri a dover sistemare le cose?

Metto la gomma nel sacco sul carrello, vedo però che c’è anche un copertone, un altro e un altro ancora alla base dell’argine.
È pieno di copertoni di bicicletta! Qualcuno ha deciso di fare di questo posto la sua discarica. Sono circa un centinaio, se prima ero perplesso ora lo sono ancor di più.
Oggi che la bici è sempre più un simbolo di un rinnovato rapporto di maggior rispetto dell’ambiente, di rapporto con la natura, di risparmio e di ecologia… C’è chi butta i copertoni fra le piante. Non è il caso di commentare oltre perché poi ognuno trae le proprie conclusioni.

Forse conviene che li riunisca tutti per facilitare la raccolta, l’idea di scendere lungo l’argine con i sandali fra l’erba e i rami di Robinia spinosi e bagnati non mi attira moltissimo, ma se si presta attenzione si può fare. Scendo e li butto sulla strada sterrata, ne faccio due mucchi, sono quasi un centinaio. Ci sono anche un paio di pneumatici da moto.

Chiamo poi il sindaco di Orio Litta per avvisarlo, non è in casa, risponde la moglie, dice che avviserà l’assessore. Il sindaco di Orio è ormai stufo di vedermi visto che in ogni giro in bici passo di qua, ma lo faccio perché è un ottimo punto per la Via Francigena e la Via degli Abati.
Di Orio Litta non dico nulla perché ne ho già parlato in altre occasioni, aggiungo solo che passa di qua anche il percorso: Venicetosantiago.com.
Fatevi un giro sul sito per vedere di cosa si tratta, è una buona idea e magari un giorno ci farò un giretto.

Poco dopo arriva l’assessore a dare un’occhiata, si guarda in giro per vedere se ci sono altre schifezze da far portar via. Vi sembra poco che voi avvisate di un problema il sabato all’ora di pranzo e mezz’ora dopo arriva l’assessore? A me sembra un’ottima cosa!!!

Piazzo la fotocamera sul cavalletto per filmare l’arrivo di Elena e Marco.

Li vedo arrivare attraverso le piante e faccio in tempo a far partire il filmato, arrivano e Marco ha la fotocamera in mano per filmare l’arrivo. Sembra quasi che ci siamo messi d’accordo, ma non è così.

Appoggiano le bici alla stanga, Elena viene presa dall’entusiasmo e si lancia in sella alla Goat che è parcheggiata in leggera discesa, ma ho messo un sasso sotto una ruota, come si fa quando si parcheggia in montagna. Le dico di togliere il sasso, ma non faccio in tempo a dirle che è praticamente senza freni, che deve usare il freno a contro pedale, parte quindi in discesa proprio in direzione della sua bici parcheggiata. Cerco di dirle qualcosa, ma non faccio in tempo e lei cerca di frenare, ma si scontra con la sua bici, proprio vicino al freno a disco.
Niente panico, stava andando pianissimo e non è successo niente, ma questo dimostra ancora una volta che la Goat non è una bici normale, non basta tirare le leve dei freni per fermarsi, è un mezzo in cui l’integrazione uomo-macchina è fondamentale.

Si parte. Passiamo sotto il ponte della ferrovia lungo il tratto di argine che costeggia la riva sinistra del Lambro. Dobbiamo prestare attenzione alle lumache che attraversano la strada. Loro sono abituati perché nel Tour Divide negli Stati Uniti dovevano evitare i serpenti a sonagli lungo alcune strade. Io preferisco le lumache del Po, non so voi… (Questa è una nota che ho aggiunto io perché me l’hanno raccontato lo scorso anno, forse non se lo ricordavano… “Sì, figurati se non se lo ricordavano…”).

Arriviamo al punto del Transitum Padi, è un buon punto per un filmato.
Questa dei filmati è un’ansia che crescerà in maniera esponenziale ben più di quella delle fotografie, perlomeno le foto le vedi in un attimo e fai presto a cancellarle.
Il filmato invece, prima di cancellarlo, devi vederlo tutto o in buona parte, e ci vuole molto più tempo. La possibilità di installare la fotocamera sul caso o sul manubrio e filmare in continuazione fa sì che una volta arrivato a casa devi avere giorni e giorni a disposizione per rivedere tutto.

Piazziamo le fotocamere e risaliamo di corsa la breve salita per poi scendere tutti assieme.

Chiedo: «Avete incontrato l’acchiappa pellegrini?».
L’acchiappa pellegrini è una figura mitologica della Via Francigena che si aggira nella Lomellina a bordo di una Graziella tricolore, praticamente una cugina della Goat, e assiste i pellegrini viandanti fra Mortara e Garlasco.
«Sì, l’abbiamo incontrato!»
Ne deduco che solo io non l’ho incontrato nel mio girovagare, ma ammetto che non sono passato da Tromello è quindi giusto che non l’abbia incontrato. Provvederò al più presto.

Ripartiamo, ma mi rendo conto che la situazione del telaio peggiora metro dopo metro, devo arrendermi: «Non ce la faccio, il telaio è ormai contro la gomma e non riesco a starvi, vi sto facendo rallentare troppo.».

Mi spiace farlo, ma bisogna sapersi arrendere.

A loro mancano ancora almeno quaranta chilometri, sono le quattro del pomeriggio e il cielo è sempre grigio, conviene che accelerino il passo.
Ci salutiamo, ripartono veloci mentre io scendo a spingere, mi salutano da lontano come nella scena di un film.
(Di questa scena di un film, non ho degli esempi, ma ci sarà pur stato un film in cui si salutavano da lontano mentre uno si allontanava e l’altro no, penso a roba western o simili, roba tipo il soldato che parte e la mamma resta a casa, il cavaliere che parte e la principessa piange da una finestra del castello, il cow-boy parte e l’anziano padre resto solo nella casa nella prateria, Heidy e il nonno, robe simili…).
 
Pedalo e cammino per un po’, smonto tutto e lo carico in macchina, corro a casa che il mio stomaco è ormai imploso nel vuoto più assoluto.

Giancarlo












lunedì 18 novembre 2013

Via Francigena in biciletta, un Viaggio Speciale...

Non ho sogni nel cassetto ma, un Cassetto dei Sogni. Ogni tanto lo apro per lasciarne volare  
uno.
Questa volta vado decisa alla sezione "Viaggi" e inizio a far scorrere l'ordine
alfabetico: " Austral...mh, no troppo poco tempo; questo no, questo troppo lungo, questo non è stagione, troppo costoso, questo l'anno prossimo, mmmh...Sant.....no, ho pochi giorni! Trekking Himal...mh, no....Eccolo! Questo! Questo è quello giusto per l'occasione: Via Francigena in bicicletta! Bene! Meta decisa, prepariamo ciò che occorre e via!

Venerdì 4 ottobre 2013 sono in Viaggio.
Marco sarà mio compagno di avventura anche questa volta.
Ore 8,30 chiudo la porta di casa e sono in sella alla mia bici, la Titanica GasVentinove. Questa volta ripercorro i luoghi della quotidianità e della mia infanzia, con occhi diversi. Tutto ad un tratto sono viaggiatrice tra le mie montagne tanto famigliari. Sorrido, mi fa uno strano effetto.
Partiamo nel giorno di S. Francesco e DonTonino, ci attende sul percorso con la sua risata luminosa e contagiosa per regalarci due Tau, simbolo ligneo di spiritualità francescana, perché ci accompagni e ci protegga. È un viaggio speciale questo. Sarà un viaggio fatto d’incontri, storie, umanità, spiritualità, accoglienza, semplicità, condivisione e chissà quante altre cose ancora dovrò scoprire....sarà come ogni Viaggio, un viaggio di Scoperta.
Lasciamo la valle per addentrarci tra sterrati e piste erbose in mezzo al giallo delle risaie, ormai pronte per la raccolta.
Non immaginavo di riuscire ad arrivare quasi a Vercelli per sterrati e campagna. Pranzo ad Albano Vercellese, degno di nota per l'esclamazione del proprietario del ristorante, che dopo averci chiesto origine e destinazione esclama: " non immaginavo che due di Varallo potessero andare a Roma in bicicletta"! Mi domando che strana opinione abbia dei valsesiani...mah!
Proseguendo le nostre scorribande tra i campi di riso, ci imbattiamo in un’azienda che sta caricando un camion del cereale grezzo. Entriamo nella proprietà e chiediamo di poter fare delle riprese. Usciamo con un chilo di riso regalatoci dal proprietario e un ronzio nelle orecchie per le migliaia di parole che in pochi minuti ci hanno investito. Ora sappiamo tutto riguardo alla coltivazione…o quasi.
E avanti, gira e briga arriviamo a Tromello, dove il gentilissimo Carlo, detto anche l'acchiappapellegrini, ci accompagna nel posto tappa. Un timbro ed è fatta, siamo ufficialmente in cammino sulla Via Francigena! 

Sabato 5 ottobre: il Girumin Day.
Il caratteristico clima uggioso della pianura padana ci accompagna fin dalla partenza. Non ci rimane che indossare l'equipaggiamento da pioggia e pedalare tra i campi fangosi verso Pavia, proseguendo in direzione Orio Litta, dove abbiamo un appuntamento imperdibile con Giancarlo Cotta Ramusino, in arte Girumin! Chi?! Girumin! Il bizzarro e colto ciclo viaggiatore di Lodi, conosciuto per l’ originalità dei mezzi con cui viaggia : la GOAT( Graziella Operativa Alternativa Tattica) e la VTTE(velocipede tradizionale tipico essenziale).
Ad attenderci insieme a Girumin c'è la sua GOAT, rossa fiammante, recuperata da un cassonetto e risistemata, con il suo carrellino “meccano style”, appositamente costruito da Girumin per vivere le sue avventure. Non vedo l'ora di pedalare qualche chilometro ridendo a crepapelle. Girumin ha la capacità di farmi sganasciare dalle risate. E poi posso finalmente provare la GOAT! Finisco subito addosso alla mia bici e alla sbarra di ferro che chiude la strada. La GOAT, è momentaneamente senza freni, peccato non ne fossi a conoscenza. 
Girumin cavalca il suo mezzo e partiamo lungo l'argine del Po. Mi rendo subito conto che conosce a memoria il percorso, ci fa da cicerone, facendoci notare dei particolari a cui non avrei mai dato importanza senza di lui. Purtroppo di lì a breve, ci dobbiamo salutare, la GOAT ha avuto un cedimento. A malincuore, lasciamo l'amico che si dirige verso casa, con l'impegno di rivederci presto per altre mete. Da qui in poi dobbiamo volare, abbiamo ancora parecchi chilometri e poche ore di luce. Percorriamo fino a Piacenza l'argine per poi seguire in direzione di Fiorenzuola D'Arda. Alle 19,15 siamo a Fiorenzuola. Qui faccio un incontro speciale, uno di quelli che lasciano il segno, che non si dimenticano, per i quali non si può restare senza far nulla. La casa in cui veniamo accolti è piccola, a noi viene assegnata una stanza, in quella accanto c'è una ragazza. Da quel che vedo vive qui, ha un accento straniero e sento che ha un bambino.
Siamo gli unici quattro in tutta la struttura. Scendo in cucina, dove ci sono la ragazza e suo figlio. Mi presento, le regalo il riso che a sua volta mi era stato regalato l'agricoltore. Iniziamo a parlare e mi racconta la sua storia: R. ha 32 anni è Rumena ed è in Italia da qualche anno per curare il suo piccolo A., 8 anni. Il bimbo è affetto da una gravissima sindrome congenita che lo ha già portato ad affrontare due interventi al cuore, un infarto, un intervento al polmone, due interventi di allungamento tendineo, crisi epilettiche e ancora non ha finito. A. non cammina, non parla e, ad aggravare il già complesso quadro, c'è una tetraparesi spastica. Nonostante tutte le sue difficoltà, è un bimbo sorridente, come tutti i bambini. Cerca il contatto e la relazione, mi prende le mani e le bacia, e quando gli dico in tono scherzoso che è un gentiluomo, ride divertito. R. dice che è la sua passione baciare le mani.
Mi racconta che fino ad ora il piccolo è stato ben curato, ora però non può più permettersi la fisioterapia. Lei è qui da sola, non riesce a trovare un lavoro, di conseguenza non riesce più a sostenere le spese. Suo marito, guadagna uno stipendio di 150€ al mese in Romania. Nonostante mi stia raccontando un dramma, c'è tanta serenità intorno a noi, nei suoi occhi non c’è tristezza, nè lacrime, ma sorride, come se stesse facendo delle normali confidenze ad un'amica a lei cara. Le rispondo con la stessa armonia, capisco che intorno a noi c'è qualcosa di più di due semplici donne che si raccontano. Quando mi congedo da R., donna di una forza straordinaria ed esemplare, sono scossa. Ho visto in lei la Forza della Speranza, e il Coraggio di un leone. Mi ha dato una grandissima lezione di vita, senza proferire alcun sermone. Rifletto e decido che, al mio rientro, contatterò i responsabili della casa di accoglienza per avere conferma e notizie più chiare in merito, se posso, vorrei provare ad aiutare questa giovane mamma ad ottenere delle cure fisioterapiche per il suo bambino.
Così è stato. Sono bastate un po’ di solidarietà e qualche telefonata per garantire al piccolo e a R. l’accesso alle cure sanitarie.
Un incontro di un solo istante può insegnare moltissimo...

6 Ottobre. E’ domenica oggi, partiamo alle 8,00 sotto un tempo autunnale, umido con una lieve pioggerellina. Dopo i primi chilometri la pioggia si fa insistente. Piove a dirotto, la lunga salita verso il passo della Cisa è avvolta nella nebbia e non riusciamo a scorgere nulla intorno a noi. Arriviamo a Berceto bagnati fino al midollo e intirizziti dal freddo. Cerchiamo la Casa della Gioventù, punto di accoglienza della via Francigena ma, dopo vari tentativi, non troviamo nessuno. Ad un tratto, in pieno centro storico, una voce di donna alle nostre spalle ci chiede se cerchiamo la casa della gioventù, :"si"! “Bene seguitemi, vi accompagno”. La signora ha con sè le chiavi, ci apre la casa e possiamo finalmente scaldarci e asciugarci.
Berceto è splendida e il Duomo è uno dei più belli che io abbia mai visto.

Lunedì 7 ottobre. Ci aspettano il mare toscano e una piacevole sorpresa.
Iniziamo la salita verso il passo della Cisa con la pioggia, più si sale e più il tempo è infame. Non può mancare la foto ricordo ai piedi del cartello "Cisa", neppure con il pessimo tempo. Avvicinandosi alla costa, l'aria si scalda e per la prima volta, da quando siamo partiti, pedaliamo in maniche corte e pantaloncini. Scendiamo fino al mare, a Marina di Carrara e da lì proseguiamo fino a Forte dei Marmi, dove ci aspetta una sorpresa: Ausilia e Seba, (Ausilia Vistarini e Sebastiano Favaro) di rientro dall'Eroica, fanno una deviazione per venirci a salutare. Un incontro tanto piacevole quanto inaspettato! Che gioia vederli! Giusto il tempo di scambiarci due parole, offrirci dell'uva e regalarci un panforte, e poi ripartono verso casa.
Pochi chilometri dopo siamo a Pietrasanta, magnifica piazza medievale sovrastata da una Rocca antica.
Notte da incubo, divorata dalle zanzare, con un caldo allucinante!

Martedì 8 ottobre.
Alle 7,00 siamo già in bici, iniziamo una ripidissima salita per cinque chilometri, senza colazione; per fortuna abbiamo il panforte di Ausi e Seba!
 Raggiungiamo Lucca attraverso le caratteristiche colline dell’entroterra toscano. La città dentro le mura è meravigliosa, ciò che un tempo fu costruito a difesa dell'abitato, ora è adibito a pista ciclabile che circonda la città vecchia, uno splendore.
Proseguiamo tra sterrati e colline e alle 19,00 arriviamo nell’incantevole S. Miniato Alta.
Nota stonata della tappa è il convento dei francescani, segnalati come unico posto di accoglienza, che al telefono non rispondono, e presentati alla porta, non aprono, adducendo la scusa che era tutto al completo. Ma come ogni volta accade quando si chiude una porta, se ne apre un’altra.
Un agriturismo appena fuori S. Miniato, un posto fantastico, una terrazza sulla valle e sul paese medievale.

Mercoledì 9 ottobre
Le colline toscane in questa zona sono bellissime e l'itinerario verso S. Gimignano è affascinante. Entriamo da Porta S.Jacopo e attraversiamo il meraviglioso centro storico.
Alle 18,30 siamo a Siena, alla casa di accoglienza di S.ta Luisa, letteralmente investiti dall’energia contagiosa di Suor Ginetta. Donna solare di origine mantovana, che ha fatto dell'accoglienza la sua missione.
Nella casa oltre a cinque pellegrini francesi, una tedesca e noi due, ci sono due ragazze: una di nazionalità albanese con la sua bambina e una donna dello Sri lanka. Una cena condivisa allo stesso tavolo, permette un dialogo interculturale.
Siena dentro le mura è splendida, la suggestiva piazza del Campo, di notte, assume un fascino coinvolgente.

Giovedì 10 ottobre
Decidiamo di fare una deviazione sulle strade dell'Eroica. La terra ormai vangata è pronta per il riposo e conferisce a queste colline nuovi colori e nuovi aspetti. Ammagliati dall’incanto dei paesaggi ed entusiasti di solcare quegli sterrati, allunghiamo un po’ troppo il percorso e arriviamo fuori tabella di marci a S. Quirico d'Orcia. In pratica siamo in ritardo, e non poco! Ora il tempo stringe, dobbiamo dare il massimo per arrivare ad Acquapendente in tempo per trovare una sistemazione e mangiare.
Dopo aver pedalato come matti, e con una fame da lupi, a cinque chilometri da Acquapendente ci fermiamo in un agriturismo.
Stelvio, così si chiama il proprietario, si dimostra molto cordiale e disponibile e ci aggiusta una cena d'asporto nella vicina trattoria, con ravioli, petto di pollo e verdure cotte, incluso il vino e una focaccia appena sfornata.
Il posto tranquillo e immerso nel verde si è rivelato provvidenziale.

Venerdì 11 ottobre.
Un continuo sali/scendi in mezzo alla campagna romana conducono a Viterbo, poi a Sutri.

Sabato 12 ottobre.
Come spesso accaduto in questo viaggio, ci svegliamo con il cielo plumbeo e minaccioso: "speriamo non piova". Detto fatto, piove! Prepariamo i bagagli, facciamo colazione, giusto il tempo di essere pronti a partire e, smette. Scegliamo l'itinerario verso La Storta, a 15km circa da Roma, che passa per il lago di Bracciano. Un po' più lungo, un po' più “su e giù”, ma meno trafficato della Cassia, sicuramente! A Bracciano un altro scroscio d'acqua. Ci ripariamo sotto i portici del comune, nel frattempo cerchiamo un posto per la notte a Roma. "Pronto, Bonus Pastor"? "Si"..."ha una camera per due"? "Mi spiace, completissimo". 
"Pronto"? Hotel casa mia? "Si"... "Per caso ha una camera per due"? " Mi dispiace, completo". "Pronto b/b S. Pietro"? "Avrebbe..."? "Completo".
"Acc...ma cosa c'è a Roma questo week-end?
Per fortuna riusciamo a chiamare il posto tappa della via francigena gestito dalla confraternita di Santiago di Compostela, hanno posto! Benissimo!
Proseguiamo il nostro “su e giù”. Più ci avviciniamo a Roma, più il traffico diventa inevitabile e consistente. Ormai è giungla urbana, ci divincoliamo nel traffico, tra auto, moto, bus, pedoni, semafori, ambulanze, polizia, tram, elicotteri...manca solo di essere investiti dalla Papa mobile.
Ore 14,30 arriviamo trionfanti in Piazza S. Pietro. Chiusa! Ma come chiusa!? Ma cche cc'è a Roma oggi?
Va beh, foto e video finale, poi all'ufficio pellegrini a ritirare il Testimonium, pergamena in latino, che testimonia l'aver percorso la via Francigena e scopriamo che sabato e domenica ci sono due giorni di preghiera con Papa Francesco. Ecco perché è tutto al completo!

Domenica 13 ottobre.
Ci dirigiamo verso la folla innumerevole che aspetta di entrare nella ormai gremita Piazza S. Pietro. Migliaia di persone, accalcati l'uno addosso all'altra, impazienti di entrare. Chi spinge, che discute con i carabinieri, chi cerca di eludere la sorveglianza per poter essere Là! Più che in piazza S.Pietro per la Messa, sembra di essere tra i tifosi della partita Roma-Lazio.
Dopo circa mezz'ora di attesa e scene epiche, aprono. Dentro!
Un momento di preghiera condiviso in più lingue, con molteplici fedeli da ogni dove, con i loro colori, culture, costumi, ma uniti dalla stessa Fede.
Francesco che parla di tre parole: Prego, Scusa e Grazie. Tre parole fondamentali perchè la famiglia rimanga unita: Prego, Scusa, Grazie…
L'uscita dalla piazza è peggio dell'entrata. Schiacciati tra la folla…
Dopo un lungo, faticoso, caldo e difficile avanzamento riusciamo a raggiungere le nostre bici.
Per fortuna ci muoviamo prima che la piazza si sfolli. Direzione stazione Termini. Pedala, schiva e destreggia arriviamo in stazione in tempo per riuscire a prendere la Freccia che ci riporterà verso casa. 
Smontiamo le bici in volata, le impacchettiamo alla "bellemeglio" per poterle caricare sul treno, assurdità di Trenitalia che non concede di poter viaggiare con bici a seguito montate e non destina alcuno spazio per i bagagli extra misura.  Con sacchi neri rotti e scotch americano diamo l'illusione di impacchettare le mountain bike. Sembriamo due homeless, che viaggiano in business.
Se solo l'Italia iniziasse a considerare un po' di piú il mondo delle due ruote ecologiche...Ma questa è un'altra storia.

870km, oltre 10.000m dislivello+.
 Un’avventura diversa da quelle che solitamente sono spinta a ricercare. Altri ritmi, altri stati d’animo. Un Viaggio fuori e dentro se stessi. Un incontro speciale. Che grandi opportunità ci può dare un Viaggio, anche appena fuori dalla porta di casa…
Buon Viaggio a tutti!
 Elena